Oreste Conte è uno dei migliori velocisti degli anni ’40 e primi anni ’50. Nato a Udine nel 1919, qualche mese prima di Fausto Coppi, alla fine degli anni ’30 si fa notare come uno dei migliori dilettanti ma per affrontare seriamente la carriera ciclistica bisogna andare a Milano, la città della Bianchi, della Legnano e della Gloria di papà Focesi. Oreste stacca la licenza per lo Sport Club Genova 1913, la società di Porta Genova tanto cara ad Alfredo Binda. Con la maglia blu-arancio mette subito in evidenza le sue doti di sprinter.
Scoppia la guerra e Conte continua a correre come molti altri un po’ per necessità e un po’ per sopravvivere. Il "Genova" gli può dare poco o niente ma trova qualche aiuto prima dalla "Viscontea" e poi dalla "Benotto". La vita è dura: si corre con maglie stinte e rattoppate, le bici sono vecchie, i tubolari si trovano solo al mercato nero. Ma Oreste Conte è un duro, è un friulano. Nel 1944, in piena tragedia nazionale, vince la Coppa Bernocchi. Benotto gli promette: "Se finisce questa maledetta guerra ti faccio il contratto. Promesso".
La guerra finisce e Benotto mantiene la parola: un bel contratto per il 1946. E nel 1946, a quasi ventisette anni, inizia praticamente la carriera ciclistica di Oreste Conte, professione sprinter.
Oreste è un bel ragazzo, alto, elegante sia come persona sia come corridore. I suoi sprint sono potenza, furbizia ed eleganza. Anche sotto sforzo non si scompone. E’ bellissimo. Piace molto al pubblico femminile, come piace anche Adolfo Leoni che è considerato il velocista più forte. Il bell’Adolfo da Gualdo Tadino, classe 1917, campione mondiale dilettanti nel 1937, ha già vinto tanto in carriera, una quarantina di corse tra cui una "Sanremo" e un Campionato Italiano. E’ un po’ il "Cipollini" dell’epoca e corre per la Bianchi, la squadra di Coppi.
Ma la concorrenza non si ferma a Leoni, ci sono i vecchiacci terribili Aldo Bini, il "duca di Montemurlo", e Olimpio Bizzi, il "morino" di Livorno. C’è Giovannino Corrieri che, quando Bartali lo lascia libero, diventa un’iradiddio. C’è Toni "Labròn" Bevilacqua, c’è Quirino Toccaceli, c’è quel mattacchione del siciliano Mario Fazio, c’è Luciano Maggini, c’è il talentuoso e bizzarro Luigi Casola, c’è il più veloce dei fratelli Brasola, Annibale. L’altro fratello, Elio, in volata è invece un paracarro.
La vita per Oreste si prospetta durissima. In questi tempi i velocisti corrono tutti alla Mc Ewen; non ci sono "treni" di sorta e ognuno cerca di cavarsela da solo: gomitate e spallate alla ricerca della ruota buona o presunta tale.
Oreste è un corridore da Giro d’Italia e lo si capisce subito nel 1946. Ripaga la fiducia di Benotto con ben tre successi di tappa – Leoni uno solo – a Rovigo, Verona e Milano. Per la verità a Milano giunge primo Coppi ma la giuria lo retrocede per volata irregolare.
Il Giro del 1947 ripropone il duello Conte-Leoni. Questa volta la spunta il corridore della Bianchi che vince tre tappe mentre Conte deve accontentarsi di due successi, uno a Roma proprio davanti a Leoni e uno a Pescara.
Alla fine del 1947 Leoni lascia la Bianchi perché – dice – la figura di Coppi gli toglie troppa libertà. Approda alla Legnano di Bartali che gli garantisce maggiore autonomia: si sa che Ginettaccio dopo i primi cento chilometri, una volta carburato a dovere, ama sgarbugliarsela da solo. Conte viene chiamato alla Bianchi per riempire il vuoto lasciato da Leoni. Quel brav’uomo di Benotto non se la sente di trattenere il suo pupillo.
Il Giro 1948 finisce con un Leoni 2 – Conte 2. Oreste si impone a Firenze davanti a Toccaceli e nella sua Udine fulminando proprio Leoni e il suo capitano Coppi.
Nel 1948 Conte partecipa al Tour di Bartali ma si ritira. La corsa francese non fa per lui. Lui è un velocista elegante, di stile, un velocista da Giro d’Italia.
Nel 1949 Bartali lascia la Legnano per mettersi in proprio sfruttando il momento di gloria derivato dalla mitica vittoria nel Tour dell’anno precedente e Leoni assume i gradi di capitano dei ramarri di Eberardo Pavesi. E’ il miglior Leoni di sempre. Cura la classifica, vince tre tappe veste la maglia rosa per otto giorni e se non ci fosse la Cuneo-Pinerolo vincerebbe anche il Giro. Finisce quarto dietro Coppi, Bartali e Cottur. Adolfo Leoni in maglia rosa fa impazzire le donne.
Conte deve accontentarsi – si fa per dire – di due tappe, la Bolzano-Modena e la Sanremo-Cuneo, proprio alla vigilia della tappa capolavoro del suo capitano Coppi.
Il 1950 è forse l’anno migliore di Conte. A trentuno anni è nel pieno del vigore fisico mentre il grande rivale Leoni comincia ad appannarsi.
Il 19 marzo gli capita l’occasione della vita: vincere la Milano-Sanremo. Dopo quattro edizioni, finite sempre per distacco, con tre vittorie di Coppi e una di Bartali, si giunge nella città dei fiori con il gruppone compatto. Si sgomita, si forca e si impicca, Oreste riesce a prendere la ruota buona, la migliore, quella di sua maestà Rik I Van Steenbergen. In cuor suo gongola, meglio di così non poteva andare, respinge gli assalti di Magni, Caput e Pasotti che cercano di soffiargli l’invidiabile posizione. Il difficile sarà "saltare" negli ultimi metri il grande Rik, però l’occasione è ghiotta, unica, irripetibile. Ma la volata è anomala. C’è vento su via Roma. Il gruppo si sparpaglia, ci sono gomitate e sbandate. Inopinatamente Van Steenbergen rimane troppo presto allo scoperto e si pianta. Quando Oreste se ne accorge è tardi. Dal lato sinistro della strada, lungo le transenne, al riparo dal vento, sbuca quel diavolo di Bartali a velocità doppia, stringe verso il centro della strada e, a trentasei anni, va a vincere la sua ultima "Sanremo". A centro strada si sderena sulla bicicletta Nedo Logli che si appiattisce sul telaio allargando i gomiti in modo da sembrare ancora più piccolo di quanto non sia in realtà. Terzo, alla destra della strada, rialzato e in bello stile è lui, Oreste Conte, che ha perso l’occasionissima della carriera.
Conte è però in formissima e lo dimostra al Giro. Prima tappa da Milano a Salsomaggiore. Vanno in fuga in una quindicina tra i quali il nostro Oreste. Sul vialone d’arrivo della città termale Conte vince quasi per distacco sul compagno di squadra Desiré Keteleer e sul vecchio Olimpio Bizzi. Veste la sua unica maglia rosa. Le donne impazziscono. In rosa è bellissimo.
Il Giro 1950 non è però favorevole ai colori biancocelesti. A Primolano Coppi cade e si ritira. Un fotografo immortala il grande Fausto, appena rialzato, piegato in due dal dolore. A sorreggerne la testa è proprio lui, Oreste Conte.
E’ il Giro del biondo svizzero Hugo Koblet e del suo pettinino. Hugo diventa il nuovo idolo del pubblico femminile. A contenderne il gradimento ancora Conte e Leoni. Adolfo vince una tappa ma Oreste, dopo avere vinto la prima vince anche l’ultima. Il Giro, per onorare l’Anno Santo, termina a Roma e, alle terme di Caracalla, Conte, con una volata imperiale, supera Annibale Brasola e Renzo Zanazzi.
Viene convocato in nazionale per i mondiali che si svolgono a Moorslede in Belgio. Il circuito si addice alle sue caratteristiche. La corsa ha uno svolgimento strano. Vince lo sgraziato belga Alberic "Brick" Schotte e la squadra azzurra al completo si ritira. Oreste è proprio un corridore da Giro d’Italia.
Nel 1951 anche il Giro gli volta le spalle. Dal 1946, per la prima volta, non si aggiudica neppure una tappa. A Brescia uno degli ultimi ruggiti di Leoni lo costringe al secondo posto e nella volata conclusiva al Vigorelli di Milano non va oltre la terza piazza, superato da Toni Bevilacqua e dalla maglia rosa Fiorenzo Magni.
Nel 1952, alle soglie dei trentatre anni, la Bianchi lo considera ormai in declino e lo lascia libero. Coppi, d’altra parte, può fare a meno di un velocista in squadra: meglio un passista o uno scalatore in più. I risultati daranno ragione a Fausto anche se alla Bianchi approderà il giovane Loretto Petrucci che vincerà due "Sanremo" ma non riuscirà mai a legare con il Campionissimo.
Conte ha ancora qualche estimatore. La Bottecchia, che schiera nelle gare italiane niente di meno che Louison Bobet e ha già in organico due ottimi velocisti come Mario Fazio e Annibale Brasola, dà fiducia anche a lui.
Oreste ripaga questa fiducia aggiudicandosi la tappa di Bergamo del Giro d’Italia. Leoni è ormai finito e il dominatore delle volate è Van Steenbergen.
Nel Giro del 1953, sempre con i colori gialloblù della Bottecchia, vince la Genova-Bordighera davanti a Baroni e Corrieri. E’ proprio un corridore da Giro d’Italia.
Il 1954 segna il declino atletico di Oreste: si ritira al Giro senza vittorie di tappa mentre Rik I se ne aggiudica quattro.
Nel 1955 Oreste Conte appende la bici al fatidico chiodo.
Il sette ottobre del 1956 un destino spietato come la ruota fulminante di uno sprinter si porta via il bell’Oreste ad appena trentasette anni.
2 agosto 2007
(giannibertoli.it)
Squadre
1941 Individuale (Sconociuto) Dal 01-09
1942 Viscontea (Italia)
1943 Genova 1913 SS (Italia)
1944 Benotto (Italia)
1945 Benotto (Italia)
1945 Ricci (Italia)
1946 Benotto - Superga (Italia)
1947 Benotto - Superga (Italia)
1948 Bianchi (Italia)
1949 Bianchi - Ursus (Italia)
1950 Bianchi - Ursus (Italia)
1951 Bianchi - Pirelli (Italia)
1952 Bottecchia (Italia)
1952 Rapier (W-Germania)
1953 Bottecchia (Italia)
1954 Bottecchia (Italia)
(http://www.sitodelciclismo.net/coureurfiche.php?coureurid=1571)
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(PIETRO ZANDIGIACOMO)