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Diagramma dell'Albero Genealogico : Deciani

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Statura: 176
Professioni
1866 - STUDENTE (Prima visita di leva)
1884 - INGEGNERE (Notifica di matrimonio) 
27 May 1850 30 Jun 1929 Sofia Chiara Ottelio 79 79 figlia di ANTONIO e COLOMBATTI CATERINA 12 Oct 1886 1935 Antonio Tiberio Deciani 49 49 Tratti Somatici
Statura: 162.5
Torace: 90
Occhi: CERULEI
Dentatura: GUASTA
Colorito: ROSEO
12 Jun 1888 Aurelia Maddalena Deciani 9 Apr 1890 Clementina Ines Lucia Deciani 9 May 1848 Antonino Prospero Deciani 1863 Francesca Isolina Del Mestri figlia di LUIGI e DE GRAZIA GIOVANNA 12 Oct 1886 14 Apr 1916 Enrico Agostino Deciani 29 29 Tratti Somatici
Statura: 161
Torace: 89
Occhi: CERULEI
Dentatura: SANA
Colorito: ROSEO
Segni particolari: CICATRICE ALLA FRONTE
10 Dec 1890 29 May 1971 Ludovico Luigi Clemente Deciani 80 80 Tratti Somatici
Statura: 167
Torace: 74
Occhi: CERULEI
Dentatura: SANA
Colorito: ROSEO
10 Feb 1885 19 Feb 1885 Antonino Prospero Catterino Deciani 9d 9d 9 Aug 1844 15 Jun 1921 Francesco Aurelio Deciani 76 76 10 Dec 1851 30 Jun 1929 Clementina Ottelio 77 77 figlia di ANTONIO e COLOMBATTI CATERINA 11 Mar 1882 11 Mar 1882 Tiberio Prospero Antonio Nicolò Deciani 5 Jul 1892 Deciano Deciani Tratti Somatici
Statura: 170.5
Torace: 81
Occhi: CASTANI
Dentatura: SANA
Colorito: PALLIDO
27 Dec 1881 28 Aug 1917 Luigi Tomaso Deciani Galici 35 35 14 Jul 1814 24 Mar 1891 Luigi Deciani 76 76 1825 Lucia Nussi figlia di Agostino e di Pollicreti Anna 19 Aug 1897 Teresa Margreth figlia di Enrico e Fior Maria Maria Liccaro 24 Jan 1887 15 Feb 1887 Tiberio Deciano Deciani 22d 22d 1780 26 Feb 1818 Francesco Daniele Deciani 38 38 da: http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/deciani-francesco/
Nacque da Nicolò Deciano e Maria Anna de’ conti di Sarmeda, udinesi, nel gennaio del 1780. Frequentò il collegio di Noventa Padovana, quindi proseguì i suoi studi a Palmanova sotto la guida dei latinisti Gregorio Pagani e Serafino Bevilacqua. La morte del padre e gli avvenimenti del 1797 lo riportarono a Udine. Rimasto orfano di madre, continuò gli studi con lo storico ed archeologo Angelo Cortenovis barnabita e con Luigi Lanzi, profugo dalla Toscana e ospitato a Udine dall’amico canonico Giovanni Battista Belgrado. D., appassionato studioso di Dante, Petrarca e Boccaccio, compose scritti in prosa e in versi. Alternò le sue occupazioni di impegno letterario a quelle di un impegno civile. Fu in corrispondenza con la contessa Giulia Piccoli di Brazzà, della quale è conservata una lettera nel fondo Savorgnan Cergneu di Brazzà dell’Archivio di Stato di Udine. Nel 1809 scrisse un Saggio sulla felicità e altri scritti rimasti inediti, «sull’educazione, sull’impossibilità di conoscere se stessi», come scrisse di lui Tiberio Deciani nella Notizia intorno alla vita ed agli scritti di Francesco Deciani (Udine, 1900). Fu socio di molte società letterarie e scientifiche, presidente dell’Associazione agraria aquileiese. In essa tenne delle lezioni accademiche che ebbero come argomenti l’importanza di coltivare le lettere, lo studio erudito e l’evoluzione della lingua italiana. Quella tenuta il 4 maggio 1812 conteneva l’auspicio che la Patria del Friuli si occupasse delle lettere; le altre trattano della necessità di tornare alla lingua pura del Trecento, dell’influsso delle opere oltremontane su quelle italiane. Si occupò anche dei problemi dell’agricoltura, pubblicando le sue riflessioni su «L’amico del contadino», periodico agrario stampato a San Vito al Tagliamento. D. risentiva del pensiero di Pietro Verri, di Cesare Beccaria, degli economisti Ferdinando Galiani e Francesco Mengotti. Spirito illuminato, era attento alle sorti dei più deboli. Nel 1807 fu membro del consiglio municipale di Udine, nel 1813 consigliere di prefettura nel dipartimento di Passariano, prefetto provvisorio nei periodi di assenza del titolare, Luigi Savorgnan; nel 1815 fu eletto deputato per la provincia del Friuli presso la Congregazione centrale veneta. Alternò l’attività pubblica con ritiri nella villa di Martignacco. Quivi compose le Novelle edite a Padova nel 1812. Fu amico del friulano Antonio Liruti, che commemorò con un’epistola, A Giovanni Bertoldi in morte di Antonio Lirutti avvocato udinese (Udine, 1812), e con un’Orazione funebre (Padova, 1812). Nello stesso anno iniziò la collaborazione con il noto editore Nicolò Bettoni, che stava predisponendo la biografia di quaranta Italiani illustri: D. compilò la biografia del naturalista e commediografo napoletano Giambattista Della Porta. Compose un breve elogio dell’abate Giuseppe Greatti, allora bibliotecario della prestigiosa Biblioteca di Brera a Milano. Nel 1814 scrisse l’orazione funebre per l’arcivescovo di Udine Baldassarre Rasponi. L’attività di poeta e prosatore assorbì D. negli anni che seguirono, facendosi apprezzare per la prosa semplice e schietta, tanto da suscitare il plauso di Vincenzo Monti che, nel terzo volume della «Biblioteca italiana» del 1816, citò il suo poemetto La pace (Udine, 1816): «perché semplice e nobile e casto di stile fuor del comune, perché le descrizioni ora delicate, ora terribili, sono tutte piene di evidenza e di vita, perché innanzi ad ogni pregio è il calore degli affetti, lo splendore delle sentenze, e la filosofia che s’incontrano per tutte le membra di questo egregio lavoro». Alcuni suoi componimenti furono inseriti anche nella raccolta per le Faustissime nozze Moro-Antivari: 20 gennaio 1873 (Udine, 1873). Il poeta Antonio di Brazzà inserì nella sua raccolta di liriche (1818) anche un’epistola in versi per ricordare la scomparsa di D.: Per Francesco Deciani a Jacopo Vittorelli. Nel 1813 iniziò la traduzione delle Metamorfosi di Ovidio e delle Elegie di Tibullo, interrotte per la sopraggiunta morte, il 26 febbraio 1818. (Fabiana di Brazzà)
Aurelia Otellio 9 Aug 1844 27 Feb 1869 Marianna Eletta Deciani 24 24 19 Feb 1854 30 Aug 1859 Elisabetta Deciani 5 5 19 Mar 1856 21 May 1865 Rosa Gioseffa Deciani 9 9 9 Dec 1857 15 Dec 1857 Ortensio Deciani 6d 6d 25 Mar 1859 30 Sep 1925 Vittoria Tiberia Deciani 66 66 Pietro Ellero Francesco Deciani Maria Deciani D. 1993 Giovanni Deciani 3 Aug 1509 7 Feb 1582 Tiberio Deciani 72 72 da: http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/deciani-tiberio/ :
Tiberio Deciani  è stato il maggiore giurista friulano del XVI secolo. La storiografia degli ultimi due secoli che si è applicata a studiarne il pensiero lo indica senza dubbio come uno dei fondatori della scienza penalistica moderna. Importanti passaggi della sua biografia, della sua formazione e del suo percorso professionale oltre che intellettuale hanno ricevuto, anche in tempi recenti, attenzione e approfondimento da parte degli storici consentendo così di ricostruire in maniera abbastanza documentata la sua vita e di disporre di una aggiornata riflessione sulla sua opera. Il D. nacque a Udine il 3 agosto 1509 da Gianfrancesco e Franceschina Masero. La famiglia, di origini carniche, si distinse nella città di Udine per l’esercizio, già da qualche generazione, di professioni liberali, legate alla formazione giuridica: il nonno di T., Nicolò, fu notaio e cancelliere della città (1426-1482), il padre, addottorato in utroque a Padova e lettore di diritto feudale presso lo stesso Ateneo, venne ascritto al libro d’oro della città nel 1518, completando così il percorso di ascesa sociale della famiglia. La sua formazione giovanile si compì nel vivace ambiente udinese della prima metà del Cinquecento dove conoscenze giuridiche e cultura erudita erano strettamente intrecciati nella fisionomia intellettuale di molte figure di spicco della scena culturale cittadina. Crebbe alla scuola pubblica udinese con l’insegnamento di umanisti della statura di Giovanni Battista Privitelli (che sarebbe stato poi suo collega a Padova), di Girolamo e Gregorio Amaseo e rimase legato da interessi e formazione comune anche negli anni successivi al notaio Antonio Belloni e al genero di questo, il classicista e filologo Francesco Robortello, come testimonia un ricco epistolario. L’impronta umanistica della sua formazione ne determinò il gusto per le lettere e le arti che coltivò anche più tardi, negli anni padovani, dedicandosi alla raccolta di monete antiche e alla collezione di libri e di dipinti, manifestando sempre interesse per una più ampia cultura letteraria, storica e filologica che completava quella giuridica caratterizzante la sua biografia intellettuale e professionale. Avviato infatti allo studio della giurisprudenza, compì il suo cursus studiorum nell’Ateneo patavino sotto il magistero di illustri giuristi tra i quali Marco Mantova Benavides, addottorandosi, dopo sei anni di corso, in diritto civile il 19 aprile 1529 e successivamente in diritto canonico. Ritornato a Udine, nel 1530 si sposò con Maddalena Antonini, discendente di una delle famiglie del patriziato che più si sarebbero messe in vista nei decenni successivi nella vita economica e culturale della città. Il D., come molti del suo ceto, iniziò la sua carriera pubblica nelle magistrature cittadine, ricoprendone anche le cariche maggiori tra cui quella di deputato “ad regimen” (1537, 1540, 1542) e rappresentando in diverse e importanti circostanze la città: «sempre egli era uno de’ destinati a portarsi in nome pubblico», scrive il Liruti, ricordando le sue azioni presso le magistrature di governo per perorare le ragioni della comunità udinese e chiedere in più occasioni, nel corso degli anni Trenta, la revoca di provvedimenti penalizzanti in materia fiscale ed economica. Ma anche in importanti cerimonie la città scelse di farsi rappresentare ufficialmente da lui, come per l’omaggio a Carlo V nel 1532 o, successivi, in occasione dell’elezione del nuovo doge nel 1545; incarichi di rappresentanza minori e successivi, come l’insediamento del nuovo provveditore a Cividale nel 1553, testimoniano del legame che sotto molti profili il D. avrebbe sempre intrattenuto con la sua terra d’origine. Tuttavia, negli anni Quaranta del Cinquecento le opportunità di carriera e la rete di relazioni intessute portarono il giurista udinese a spostare con prevalenza l’asse dei suoi interessi verso la Dominante, facendogli prendere casa a Venezia nel 1544. Due anni più tardi, nel 1546, assisteva nell’ufficio di assessore il podestà di Vicenza, Lorenzo Venier; l’anno successivo era a Padova, a fianco di Bernardo Navagero; nel 1550 a Verona sempre come assessore con Francesco Venier che qualche anno più tardi sarebbe diventato doge. I ruoli di assessore giudiziario, giudice che affiancava il rettore nei tribunali maggiori della Terraferma veneta, mettono in luce la considerazione di cui godeva la preparazione del giurista udinese ritenuto – come gli altri maggiori giuristi reclutati tra il ceto legale delle città soggette – supporto tecnico e professionale indispensabile al rappresentante politico veneziano nell’amministrazione della giustizia. La visibilità che si era guadagnato presso il governo marciano e l’opportunità che durante il soggiorno padovano ebbe di rinnovare i legami con l’ambiente universitario possono spiegare l’esordio della sua carriera di docente. Il 19 gennaio 1549 il Senato veneziano deliberò infatti di affidargli la lettura che era stata di Marco Bianco, vacante per la malattia di quest’ultimo, lettura di diritto criminale o meglio di quella parte del diritto civile che riguardava i delitti. Iniziò con il conferimento di questa nomina e con uno stipendio non elevato, di 200 fiorini, la carriera docente del D. che avrebbe insegnato a Padova fino alla sua morte con una progressione che crebbe parallelamente al largo consenso che le sue lezioni venivano riscuotendo tra gli studenti. Dopo la prima nomina egli si vide conferire nel 1552 la seconda cattedra di diritto civile ordinaria della mattina, diventando così a pieno titolo collega del suo maestro, Mantova Benavides e quando nel 1570 quest’ultimo passò alla cattedra di diritto canonico e poi nel 1572, ormai anziano, lasciò l’insegnamento, il D. assunse il primo luogo di diritto civile. La progressione degli stipendi che alle riconferme gli vennero attribuiti segue la linea ascendente della sua fama: i 500 fiorini attribuiti nel 1552 diventarono 700 nel 1556, 900 nel 1560, 1100 quattro anni più tardi e 1000 scudi nel 1570 e fino alla sua morte. Per quanto emerga con chiarezza dalla sequenza degli incarichi pubblici, va sottolineato il carattere peculiare della competenza giurisprudenziale del D. e la natura pratica della sua formazione: sarebbe stata proprio questa a fargli meritare la nomina a docente, nella prospettiva della politica veneziana di rilancio degli studi giuridici all’Ateneo di Padova e di un loro più proficuo collegamento con la funzione applicativa. Elemento di novità va considerato infatti quanto espresso nella motivazione del Senato dove si sottolineava proprio la sua capacità di unire una solida preparazione teorica con l’esperienza interpretativa del diritto, la dottrina con la pratica. Un’intensa attività consulente percorre infatti tutto l’arco della sua vita professionale. La difesa legale di Cittadino della Frattina, nobile friulano, imputato di aver istigato il proprio servo ad aggredire Annibale Emiliano nel 1540; il parere che negli anni Sessanta stese a difesa delle accuse di eresia che gravavano sul patriarca di Aquileia Giovanni Grimani e ne ostacolavano (e ne avrebbero in via definitiva ostacolato) l’acquisizione della porpora cardinalizia; i “consilia” che nel 1572 e nel 1577 redasse per la Repubblica di Genova relativamente ad alcune controversie feudali che la opponevano ai Fieschi o quelli che sarebbero stati richiesti dagli Este e da Firenze per questioni di precedenza costituiscono solo degli esempi e servono a fornire sommaria misura della vastissima e quanto mai varia produzione consiliare del giurista udinese il cui parere veniva ricercato da soggetti sociali, politici e istituzionali di ogni ordine, anche dagli imperatori Massimiliano e Carlo V. La biografia professionale del D. mostra quanto paradigmatica sia la sua figura. Rappresentante di primo piano o, meglio, caso esemplare di quella fase cinquecentesca del diritto a forte matrice giurisprudenziale nella quale l’attività di “interpretatio” del giurista si estende ad ogni livello: dai tribunali, alle aule universitarie, alla consulenza a sovrani, D. è anche un sostenitore in via teorica della funzione dei “consiliatores”. Nel 1579, quando era ormai settantenne, uscivano a Venezia i primi tre tomi dei Responsa; i successivi due tomi sarebbero stati pubblicati postumi a Udine nel 1594. L’opera – la prima di una certa consistenza ad essere edita, se si eccettuano consilia sparsi ed esercitazioni poetiche d’occasione come quella al Tempio di Girolama Colonna d’Aragona cui parteciparono altri illustri friulani come il più giovane giurista Alfonso Belgrado – raccoglie in quattrocentosettantasette “responsa” l’ampissimo ventaglio di fattispecie cui il D. si applicò, a volte assieme ad altri giuristi che in calce firmano assieme a lui il parere. Per la maggior parte privi di datazione, i “consilia” sono introdotti dall’argomento che hanno per oggetto e da un indice. Il D. dedicava la sua fatica al patriarca Giovanni Grimani e vi poneva in appendice una trattazione sull’ufficio di consulente, una vera e propria difesa della sua funzione nel sistema di diritto del tempo, un’autogiustificazione della decisione di dare dignità di stampa ai consilia. L’Apologia pro iuris prudentibus qui responsa sua edunt imprimenda si proponeva di essere una risposta frontale, seppur tardiva, ad uno scritto dell’illustre giurista Andrea Alciato: adversus dicta per Alcia tum Parergon Lib. XII. Cap. ult. recitava in fatti la prosecuzione del titolo. Alciato, morto ormai da qualche decennio, aveva denunciato in quelle pagine, edite postume nel 1554, la corruzione che la preponderanza della prassi e la sempre più dilagante attività consiliare venivano arrecando alla professione giuridica e il danno che ne derivava alla scienza del diritto per effetto dell’attività interpretativa sempre più estesa e pervasiva dei consultori, che sosteneva e riproduceva il sistema di diritto giurisprudenziale. D. intendeva controbattere alle posizioni del massimo rappresentante della scuola culta sottolineando il valore delle collezioni di responsi che, nella sua opinione, riflettevano la realtà giuridica in maniera più fedele rispetto alle opere di dottrina, difendendo così la sostanziale preminenza del sistema del “mos italicus”, la sua funzione creatrice di diritto in rapporto alla posizione filologicamente ineccepibile ma teorica dei sostenitori del “mos gallicus”. Per far ciò si addentrava anche a precisare le differenze – per quanto in forma oscillante secondo le argomentazioni – tra “consilia” e “allegationes” la cui sovrapposizione nell’ambito della prassi giuridica si mostrava sempre più problematica. Tuttavia la fama del D. è soprattutto legata ad un’altra opera, il Tractatus criminalis, opera che lo colloca nel pantheon della dottrina penalistica del secolo XVI e tra i padri di quella disciplina. Il Tractatus comparve alle stampe qualche anno dopo la sua morte per interessamento del figlio primogenito Nicolò, anch’egli giureconsulto. La prima edizione uscì a Venezia nel 1590 ma, già a partire dall’anno successivo, fu più volte ristampato fino all’ultima edizione del 1614. L’opera si compone di nove libri e la materia è sistematicamente ordinata in titoli, capitoli e paragrafi. La trattazione si presenta divisa in una parte generale in cui vengono approfonditi gli aspetti lessicali e terminologici, i concetti e le categorie, le circostanze, le pene, le fonti e una parte nella quale le diverse fattispecie di delitto vengono elencate non in ordine alfabetico, come era facile riscontrare in altri repertori, bensì secondo un ordinamento sistematico anche se incompleto per l’assenza di alcuni tipi di reati. Dal Tractatus traspare la cultura giuridica ed extragiuridica del D.: solida conoscenza della letteratura e della dottrina, dei contesti storici, della casistica e la costante attenzione a coniugare la teoria con la prassi. Secondo gli orientamenti culturali del momento gli storici si sono divisi nell’esaltare o sminuire il valore teorico e storico del trattato, nel sottolinearne il carattere inedito o piuttosto nel rimarcarne i limiti, insiti nella tradizione giuridica del suo tempo. Al testo viene comunque riconosciuto il merito di proporsi come il primo «a rispecchiare l’autonomia didattica e scientifica conquistata nell’università dal diritto penale [e] quello d’aver rappresentato, con le sue costruzioni dogmatiche, un punto di riferimento obbligato e ricorrente per ogni criminalista» (Spagnesi). Altre opere, per quanto minori, sono segnalate dai biografi. In particolare il Liruti conservava tra le sue carte alcune orazioni pronunciate dal D. nell’occasione delle sue nomine ai diversi insegnamenti padovani o per la laurea dottorale del figlio Gianfrancesco, anch’egli avviato allo studio e alla pratica del diritto, un volume di responsi e altre scritture, giuridiche e non. Da segnalare l’importanza, per la storia friulana, dell’intervento di commento e annotazione ai capitoli delle Costituzioni della Patria del Friuli conservato con il titolo di Apostille super Patriae nostre constitutionibus, attribuito al D.; si tratta di un fascicolo di 31 carte legato assieme ad altre Adnotationes et dubia sullo stesso corpus normativo del giureconsulto udinese Filippo Caimo. Il D. morì a Padova, all’età di settantatre anni, il 7 febbraio 1582. Fu sepolto nella chiesa dei Carmini dove venne posto un busto opera dello scultore Francesco Segala, uno degli artisti più apprezzati dell’ambiente padovano del tempo, secondo la volontà che lo stesso D. aveva manifestato nel suo testamento, qualora fosse morto in quella città; se invece fosse mancato a Udine aveva fatto espressa richiesta di essere sepolto nella chiesa di S. Pietro. Non molto tempo prima della sua morte il giurista udinese aveva contratto un secondo matrimonio con la nobile padovana Caterina Ariani, vedova Leonessa. Il lungo testamento, steso il primo settembre 1579, ricca testimonianza circa il suo patrimonio mobile ed immobile, lascia intravedere la possibilità di una situazione conflittuale tra gli eredi della sua fortuna – da un lato i figli del primo matrimonio, dall’altro la moglie e il figliastro Giovanni Leonessa – dato che molto dettagliate risultano essere le clausole a protezione del godimento di alcuni beni e diritti da parte dei secondi, particolarmente per ciò che riguardava i beni padovani. Fatte salve queste limitazioni, eredi universali risultavano i tre figli maschi nati dal matrimonio con la Antonini: Nicolò, Gianfrancesco e Roncadino e la loro linea di discendenza maschile protetta dall’istituzione di un fedecommesso che per le donne escludeva in ogni caso e molto chiaramente ogni possibilità di ereditare. In assenza di discendenza maschile tutti i suoi beni avrebbero dovuto essere legati infatti alla fraternita della Vergine nel castello di Udine. (Laura Casella)
1468 1535 Gian Francesco Deciani 67 67 da; http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/deciani-gianfrancesco/:
Nacque a Udine intorno al 1468 – secondo il di Manzano nel 1464 – da Nicolò, notaio e cancelliere della città. Fu padre del giurista Tiberio. Studiò all’Università di Padova, laureandosi nel 1499 in utroque iure. Un anno prima del conseguimento del dottorato tenne esercitazioni di diritto feudale presso lo stesso Studio con il consenso unanime degli scolari, come ricorda il privilegio in diritto civile del 6 novembre 1499 («ad lecturam feudorum publice exercendam […] deputatus»), citato dal Sambin, che lo ritrova nei registri Diversorum. Lo stesso riferimento è ripreso nel privilegio in diritto canonico, conseguito dal D. pochi giorni dopo, il 9 novembre dello stesso anno. I testi dei due diplomi puntualizzano e correggono l’affermazione del Liruti, ripresa da Antonio Marongiu, secondo cui il D. «a soli trent’anni» sarebbe stato docente di materia feudale a Padova, e un passo di Prospero Antonini, che ricorda una nota autografa dello stesso D., il quale scrive che nel 1498 per un anno avrebbe tenuto «lecturam feudorum» a Padova. Non si sarebbe trattato di una docenza, ma di pubbliche esercitazioni, il cui ottimo risultato fu menzionato nei diplomi in diritto civile e canonico. Nel 1518 il D. fu iscritto nel Libro d’oro della nobiltà udinese compilato dal cancelliere Matteo Clapiz. Morì nel 1535. Liliana Cargnelutti
Franceschina Masero Maddalena Antonini 1531 1618 Nicolò Deciani 87 87 da: http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/deciani-nicolo/
Nacque a Udine nel 1531, primogenito del giurista Tiberio e della sua prima moglie Maddalena Antonini. Si laureò in giurisprudenza a Padova nel 1556. Nonostante il desiderio espresso dal padre nel suo ultimo testamento del 1579, cioè che almeno uno dei tre figli, Nicolò, Gianfrancesco e Roncadino, ponesse la sua residenza a Padova, il D., come i fratelli, visse a Udine, dove esercitò l’attività forense, documentata da “excerpta” legali, ora dispersi, che il Liruti asserisce di avere visto in casa Deciani. Eletto nelle magistrature cittadine, fu nominato più volte oratore presso la Repubblica per trattare questioni di pubblico interesse. Nel novembre 1585 il D. fu tra i deputati che accolsero solennemente il patriarca Giovanni Grimani; in particolare, egli pronunciò un discorso, ricordato da Marco Antonio Fiducio, che esaltava il dono del patriarca ai rappresentanti della città del suo cavallo con gli arredi secondo la consuetudine dell’antico rito di ingresso in Aquileia (una consuetudine iniziata dal patriarca Marino Grimani nel 1524 nel suo ingresso a Udine), spiegato come un privilegio di suprema dignità metropolitana. L’episodio del dono, di cui il D. dimostra di avere chiara coscienza del suo valore simbolico, fu addotto tra le prove della nobiltà di Udine, per esempio, nel discorso tenuto da Antonio di Montegnacco a difesa di Udine e del suo primo ordine di cittadini di fronte alla Lingua d’Italia a Malta nel 1748. Il D. si occupò anche dell’edizione delle opere del padre. Nel 1590, infatti, fece pubblicare postumo e forse appose anche il titolo al Tractatus criminalis di Tiberio; nel 1594 scrisse le lettere dedicatorie da premettere al quarto e al quinto volume dei Responsa, rivolte rispettivamente al vescovo di Verona Agostino Valerio e al cardinale Francesco Mantica. Il D. morì a Udine nel 1618. (Liliana Cargnelutti)
1537 1590 Gian Francesco Deciani 53 53 da: http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/deciani-gianfrancesco-iunior/
Nacque a Udine nel 1537, secondogenito del giurista Tiberio e della sua prima moglie Maddalena Antonini. Anch’egli laureato in utroque iure a Padova come voleva la tradizione di famiglia, si sposò nel 1573 con Elisabetta Altan di Salvarolo. Nonostante il desiderio paterno che almeno uno dei figli portasse la sua residenza a Padova, il D., come i fratelli, visse a Udine, eletto nelle principali cariche cittadine dell’ordine nobile, esercitando l’attività forense, come testimoniavano gli “excerpta”, ora dispersi, raccolti in casa Deciani, secondo quanto afferma il Liruti. Oltre a varie orazioni d’occasione e a un salmo per la presa di Cipro, il suo principale lavoro è costituito dalle circa milleottocento aggiunte al dizionario giuridico di Albertino da Rosate, che ebbe più edizioni dopo quella veneziana del 1573. Morì a Udine nel 1590. Un figlio di D., Ortensio, che incrementò la biblioteca giuridica di famiglia, fu padre di un altro Gianfrancesco (1613-1659), anch’egli laureato in giurisprudenza a Padova, accademico sventato con il nome di Immaturo, autore della commemorazione di Pompeo Caimo per la stessa Accademia, di cui fu principe nel 1639, come attestano alcuni diplomi di iscrizione firmati da «l’Immaturo». Fu anche giudice nella giurisdizione feudale dei Torriani a Villalta. La sua orazione funebre fu tenuta da Filippo Florio. (Liliana Cargnelutti)
Elisabetta Altan Roncadino Deciani Ortensio Deciani "Ortensio, che incrementò la biblioteca giuridica di famiglia" 1613 1659 Gian Francesco Deciani 46 46 "laureato in giurisprudenza a Padova, accademico sventato con il nome di Immaturo" Ursula Caterina Ariani ?? Leonessa Giovanni Leonessa Nicolò Deciani Nicolò notaio (cancelliere di Udine dal 1426 al 1482);  Odorico Decanus Odorico Decanus (fine del '300), Lorenzo Deciani 3 Aug 1704 Franceschina Romanutto Deciano Deciani Elisabetta Antonella Renzo Deciani Francesco Deciani Gio Francesco Deciani Rosa 25 Jun 1733 Elisabetta Tesaura Antonia Deciani 8 Jul 1734 Sergia Virginia Deciani Tiberio Deciani 8 Aug 1735 Sergia Virginia Deciani 15 Aug 1736 Deciano Nicolò Deciani Maria Anna Sarmeda 7 Oct 1737 Nicolò Pietro Deciani 17 Jul 1636 Giovanni Deciani Ortensio Deciani 13 Oct 1691 Ortensio Iseppo Deciani 14 Jul 1693 Elena Francesca Deciani 22 Sep 1695 Gioseffo Filippo Deciani 11 Nov 1697 Elena Martina Deciani 26 Dec 1698 Benedetto Deciani Gio Giuseppe Romanutto 23 Jun 1665 Elisabetta Colza "Elisabetta Romanutta nata Colza, madrina di battesimo di Sabbata Hermant il 07/10/1706" 6 Aug 1706 Ursula Maria Romanutto 30 Oct 1858 10 Jul 1884 Maria Gallici 25 25 Genitori : GIUSEPPE GALLICI e TERESA MUSCHIETTI Giuseppe Romanutti Bortolomia 11 May 1781 Pietro Giuseppe Romanutti Francesco di Fusea ~1515 Julio Deciani Nel 1554 abitante a Venezia
da: Archivio_del_Capitolo_di_Aquileia_processi civili I Parte (regesti di Robert Moscjon, pag. 24)
– 1554, 19 luglio
• Per ser Julio Deciani, abitante in Venezia, contro Giovanni Dorsoni di Torreano presso Martignacco. Nominati: ser Battista Stella, Giorgio Olivi di Alnicco.
Casato Deciani Casato Deciani a Martignacco a Martignacco Pictures\DecianiAntonino.jpg Deciani Antonino Deciani Antonino Pictures\DecianiGalliciLuigi.jpg Deciani Gallici Luigi Deciani Gallici Luigi R36-F44 R37-P37 Deciani Antonio Deciani Antonio Deciani Francesco Deciani Francesco R38-33 R38-33 Casato Deciani Casato Deciani da Tolmezzo a Udine nel 1400 da Tolmezzo a Udine nel 1400 (cfr. Liruti e Scalon). Testo: Il di lui ritratto in rame per la stampa fu fatto da ottimo dipintore ed incisore e si sparse per tutta Europa, desiderando tutti di averlo, dove era la fama corsa del suo singolare giudizio e sapere, ed aveva queste parole nel contorno: “Tiberius Decianus J. C. Utinensis Com. Lateran. Et S. Marci et. S. Georgi Eques”. Liruti Notizie delle vite ed opere scritte da letterati del Friuli. http://www.albumdimartignacco.it/Archivi/AMRT/All/0001/1474A.jpg Tiberio Deciani (Incisione ) Tiberio Deciani (Incisione ) Francesco Deciani, olio su tela, 1784 (collezione privata). Francesco Deciani, olio su tela, 1784 Francesco Deciani, olio su tela, 1784 Una genealogia Deciani, elaborata dal Joppi: https://www.sbhu.it/visualizzatore?folder=fondo_joppi%2Fj_mss_0716%2Fj_mss_0716_genealogie%2Fdeciani
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